Per un’IA europea
Replicare il modello collaborativo Airbus per l’IA potrebbe essere la scelta vincente per l’Europa.
Perché sviluppare un’intelligenza artificiale (IA) veramente made in Europe sul modello vincente Airbus? Potrebbe sembrare una partita ormai persa, troppo ambiziosa, per alcuni addirittura inutile o dannosa. La tesi è questa: i modelli fondativi, come vengono chiamati – cioè quelli che fanno da base agli altri sistemi – ormai sono stati creati. Meglio concentrarsi sullo sviluppo delle applicazioni che su quei modelli dovranno agganciarsi. Ma c’è un dettaglio nello sviluppo dell’intelligenza artificiale che sfugge. Il classico dettaglio in cui si nasconde il diavolo, ma che è stato svelato dall’esuberante irrazionale per antonomasia, Elon Musk, che ha minacciato di non fare entrare più gli iPhone dei propri dipendenti nelle proprie aziende: SpaceX, Tesla, X, Neuralink e la neonata XAI, che ha appena raccolto sei miliardi di dollari. Il motivo? La sicurezza dei dati.
La Apple ha infatti stretto un accordo con OpenAi per l’utilizzo dei suoi algoritmi e iniettare un po' di intelligenza negli iPhone che, improvvisamente, senza AI, appaiono “stupidi”. È stato stimato che nel solo 2023 abbiamo prodotto come umanità 97 zettabyte di dati. Si tratta di un numero con 21 zeri: 97 mila miliardi di miliardi di byte. Certo, non sono solo versi danteschi; anzi dentro questo calderone c’è di tutto: tweet, email, post, informazioni sulla geolocalizzazione, cumuli di spam. Ma sono questi stormi di dati sempre in riproduzione e in movimento che hanno permesso durante la pandemia un salto copernicano nella fase di addestramento dell’intelligenza artificiale. I lockdown mondiali sono stati la più grande raccolta di dati nella storia dell’umanità, visto che tutti eravamo collegati con il cordone ombelicale Internet alla vita sociale e professionale. C’è un nesso diretto, dunque, tra pandemia ed esplosione dell’IA i cui algoritmi, è utile ricordarlo, sono di base quelli sviluppati già negli anni Settanta e Ottanta. A mancare era la giusta dieta. Ora l’abbiamo fornita: dati, dati, dati.
Pensiamo a un’azienda che speriamo abbia compreso che i dati fanno parte del proprio capitale semantico, nel senso che concorre a dare significato e significati al proprio business. A chi affidarli? Se c’è una cosa che è apparsa chiara in questi primi 30 anni di Internet è questa: chiudere con le regole la porta della gabbia per non far uscire gli uccellini è spesso un atto formale. Il GDPR si è trasformato in un flag che aggiungiamo a ogni passo, più un vincolo per le società europee che per quelle extra-europee che si sono limitate ad appoggiarsi a server in territorio europeo. Ora affidare il proprio capitale semantico a un algoritmo vuol dire affidargli anche una parte vitale del proprio business. Ecco perché Elon Musk si è irritato per gli iPhone – come aveva fatto subito dopo l’acquisto di Twitter quando aveva scoperto che OpenAi usava i dati della società per addestrarsi, pagando in cambio peanuts.
I dati sono un nuovo architrave dell’economia. Esistono il capitale umano e il capitale tecnologico come nelle analisi ortodosse. Ma oggi dovremmo aggiungere il capitale semantico dei dati. È questo il motivo di fondo per cui dovremmo sviluppare un secondo caso “Airbus”. Un consorzio di aziende che possa sviluppare tecnologie, mantenere le competenze in casa e anzi accrescerle e fare da garante sull’addestramento dei dati senza causare una fuoriuscita di valori informativi. Non è molto diverso da quanto fatto con Airbus. All’inizio non erano in molti a credere che l’Europa, competente ma parcellizzata, potesse fare concorrenza alla Boeing. Ora gli fa quasi ombra (la società americana sta attraversando un periodo di scarsa affidabilità). Fu un miracolo soprattutto francese e inglese (noi italiani ci avevamo creduto a metà, come il Visconte dimezzato di Calvino). C’è un altro motivo per partecipare ai modelli fondativi: le nuove industrie sono un campionato molto particolare. Chi gioca definisce anche le regole del gioco. Chi entra dopo le subisce. È stato questo uno dei segreti della Silicon Valley: la creazione di un’asimmetria informativa in cui chi compra il servizio non capisce mai bene cosa sta acquistando e cosa sta cedendo. Bene: ora è il momento di non cedere i dati, il capitale semantico dell’industria europea.
Categoria: Tecnologia
Titolo: Per un’IA europea
Autore: Massimo Sideri