Il futuro del dollaro
Nonostante le pressioni esterne, il dollaro sembra in grado di conservare la sua posizione di valuta di riferimento.
È almeno dal 1944 – anno degli accordi di Bretton Woods – che il dollaro statunitense mantiene lo status di valuta di riserva mondiale. Tale posizione privilegiata ha offerto agli Stati Uniti notevoli vantaggi economici e politici, tra cui costi di indebitamento più bassi e una forte influenza sui sistemi finanziari di tutto il mondo. Tuttavia – con l’ascesa delle economie emergenti, i progressi tecnologici e i cambiamenti geopolitici – sono emersi dubbi sul futuro dell’egemonia del dollaro, tanto che si parla di una sua possibile sostituzione nel commercio e negli investimenti globali.
Diversi paesi hanno annunciato di voler esplorare l’uso di valute alternative nei loro scambi commerciali, soprattutto nel settore energetico e in quello delle materie prime dove il dollaro regna sovrano, al fine di rendersi più indipendenti dalla politica monetaria ed estera degli Stati Uniti, riducendo la propria vulnerabilità in caso di sanzioni finanziarie come quelle imposte alla Russia. Alcuni osservatori ritengono che tale de-dollarizzazione porterà al declino della valuta americana e alla perdita del suo primato quale valuta di riserva mondiale. I primi segni del cambiamento risalgono a vent’anni fa, quando le banche centrali, in particolare quelle asiatiche, hanno iniziato una certa diversificazione delle loro riserve valutarie. Questa è però avvenuta principalmente a favore di euro, sterlina, franco svizzero, dollaro canadese o australiano e yen, valute di paesi occidentali o comunque allineati con l’America. Il dollaro rappresenta comunque tuttora il 60 percento delle riserve globali di valuta.
La rapida crescita economica della Cina e l’aumento della sua influenza globale fanno parlare del renminbi come una potenziale alternativa al dollaro. Ma, sebbene il governo cinese abbia adottato misure per internazionalizzare la propria moneta, gli ostacoli rimangono molteplici e significativi: la mancanza di trasparenza del sistema finanziario cinese e lo stretto controllo del governo sulla convertibilità della valuta e sui flussi di capitale limitano l’uso della valuta. A ciò si aggiungono le preoccupazioni relative allo stato di diritto, ai diritti di proprietà e alla stabilità politica della Cina, che riducono ulteriormente la possibilità che il renminbi sia percepito come una potenziale valuta di riserva. A oggi la valuta cinese conta per meno del 3 percento delle riserve mondiali.
Anche la crescita delle criptovalute come Bitcoin e la nascita delle valute digitali delle banche centrali (CBDC) suscitano speculazioni su un possibile cambiamento. Ma anche in questo caso – pur offrendo benefici quali maggiore efficienza nelle transazioni e riduzione dei costi – tali opzioni non possono ancora essere considerate alternative realistiche al dollaro. Le criptovalute sono afflitte da estrema volatilità, incertezze normative e problemi di scalabilità e la loro natura decentralizzata pone sfide (per ora insormontabili) alla loro uso come riserve. Le CBDC, benché presentino uno sviluppo più promettente, sono ancora in una fase progettuale e la loro adozione richiederebbe una revisione fondamentale dell’architettura finanziaria globale.
Il biglietto verde è quindi destinato a mantenere la sua supremazia nel prossimo futuro. Diversi fattori strutturali contribuiscono al suo dominio duraturo. Gli Stati Uniti vantano la più grande economia del mondo, un mercato diversificato e innovativo e un ambiente politico fino a oggi relativamente stabile; elementi che infondono fiducia nella moneta come riserva di valore affidabile. La dimensione, la profondità e la liquidità dei mercati finanziari statunitensi sono ineguagliate. Il mercato dei Treasury è il maggiore mercato obbligazionario del mondo e offre sicurezza, stabilità e facilità di transazione. Inoltre, la stabilità del dollaro è ulteriormente garantita dal ruolo della Federal Reserve nella gestione della politica monetaria e nell’agire come prestatore di ultima istanza. Ci sono, poi, fattori storici e istituzionali che giocano un ruolo significativo. Il dominio del dollaro è radicato nel commercio e nella finanza globale. Le materie prime, come il petrolio, sono prevalentemente quotate in dollari e gli accordi commerciali internazionali spesso prevedono transazioni denominate in dollari. Inoltre, istituzioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale operano principalmente in dollari, rafforzandone la centralità nella finanza globale.
Si può dunque concludere che al dollaro ben si applica l’acronimo TINA («there is no alternative» usato da Margaret Thatcher per descrivere l’economia di mercato). Tuttavia, sebbene non esistano al momento valide alternative al dollaro, ciò non significa che lo status quo sia immutabile. Il sistema monetario internazionale è dinamico e i cambiamenti nel potere economico, i progressi tecnologici e gli sviluppi geopolitici potrebbero alterare il panorama. Al fine di mantenere la posizione dominante della loro valuta, gli Stati Uniti devono però affrontare le proprie debolezze. La disciplina fiscale, il contenimento del debito, la stabilità politica e una politica monetaria prudente sono essenziali per preservare la fiducia nel dollaro. Inoltre, l’impegno americano nelle istituzioni economiche internazionali e la cooperazione con altre nazioni sono condizioni necessarie. Da non dimenticare l’importanza dell’appuntamento elettorale di novembre: l’esito delle elezioni presidenziali potrà avere un notevole impatto sulle politiche fiscali e monetarie e sulla posizione internazionale dell’America e quindi sull’eventuale processo di de-dollarizzazione.
Categoria: Scenario
Titolo: Il futuro del dollaro
Autore: Dante Roscini